La Corte dei Conti del Lazio ha precisato che le amministrazioni possono conferire incarichi dirigenziali a soggetti che non sono dirigenti solamente se accertano preventivamente, mediante interpello, la non rinvenibilità della professionalità all’interno; esse, inoltre, devono darsi dei rigorosi e predeterminati criteri per la scelta del soggetto cui conferire l’incarico stesso, sapendo che questa soluzione costituisce una deroga rispetto ai principi di carattere generale del nostro ordinamento.
Deliberazione 05/12/2018, n. 71 – Corte dei Conti – Sez. Controllo Lazio
Conferimento di incarichi dirigenziali
Corte dei Conti, Sezione ragionale di controllo per il Lazio, Deliberazione 5 dicembre 2018, n. 71
FATTO
In data 24/04/2018, è pervenuto al controllo preventivo di legittimità il decreto del
Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio n.258 del 12 aprile
2018 (Prot. Cdc n.1654 del 24 aprile 2018), che ha nominato ai sensi dell’art. 19,
comma 6, del D. Lgs. n. 165/2001, la Dr.ssa … …, dirigente con funzioni
ispettive con media specializzazione presso il suddetto ufficio, per la durata di anni
tre con decorrenza dal 21 aprile 2018.
Con foglio di rilievo n. 2228 del 29 maggio 2018, l’Ufficio di controllo formulava
osservazioni in merito alla legittimità del decreto all’esame, rilevandone la non piena
conformità al quadro normativo vigente e segnatamente all’art. 19, c. 6 del D. Lgs. n.
165/2001, concernente la disciplina dell’attribuzione di incarichi a tempo
determinato a personale non appartenente ai ruoli dirigenziali della
Amministrazione pubblica.
- Tra i profili censurati, si evidenziava, anzitutto, quello formale della carenza, nelle
premesse decretative, della necessaria citazione del D.M. n. 241 del 22 marzo 2018,
atto presupposto dell’incarico dirigenziale conferito, in quanto operante la
ripartizione, a livello nazionale, del contingente degli incarichi dirigenziali di livello
non generale, conferibili ai sensi dell’art. 19, commi 5 bis e 6, del D. Lgs. n.165/2001 e
s.m.i., tra gli Uffici centrali e quelli periferici del MIUR.
Il DM n.241 risultava, infatti, citato soltanto nella epigrafe del Decreto n. 111 del 26
marzo 2018, di nomina della Commissione per la valutazione delle domande di
disponibilità a ricoprire l’incarico dirigenziale in questione.
Partendo da tale omissione formale, si giungeva a rilevare che l’intero iter della
procedura comparativa di selezione della nominata si era svolto prima della
registrazione del citato D.M. n. 241, da parte della competente Sezione centrale di
controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, effettuata soltanto in data 11
maggio 2018.
Antecedenti a tale data, infatti, risultano sia l’emanazione del bando pubblico (con
avviso n. 11454 del 26/03/2018), sia la designazione della Commissione (col
menzionato D.D.G. n. 111 del 26/03/2018), sia la proclamazione della vincitrice (con
nota n. prot.14671 dell’11 aprile 2018), sia, infine, la relativa nomina (col D.D.G. del
12 aprile 2018).
Si censurava, pertanto, come non conforme alle tempistiche ed alla ratio della
procedura del controllo preventivo di legittimità demandato alla Corte, il fatto che la
procedura di selezione comparativa fosse stata, non soltanto avviata con avviso
pubblico, ma anche già portata a compimento, prima che il citato D.M. n.241 fosse
stato abilitato ad esplicare la sua efficacia nel mondo giuridico, per fondare la
legittimità dell’interpello.
- Si rilevava, poi, che il provvedimento di nomina in esame, emanato il 12 aprile
2018 con effetto dal 21 aprile 2018, era stato trasmesso per il controllo soltanto il 24
aprile 2018, a svolgimento dell’incarico già iniziato.
- Si censurava, altresì, che non erano stati predeterminati – in funzione di
trasparenza – nell’avviso pubblico, né resi conoscibili ai potenziali interessati, all’atto
della sua diramazione, i criteri astratti, generali e specifici, in base ai quali sarebbero
state effettuate le valutazioni comparative con mirata applicazione al posto da
assegnare. Detti criteri erano stati specificati soltanto in un momento successivo alla
presentazione delle domande – dalla Commissione – nella seduta del 10 aprile 2018,
nel corpo del relativo verbale n. 7 e correlato allegato n. 5, indicante i punteggi (fino a
determinati massimi) attribuibili ai vari titoli culturali, scientifici e professionali.
In tale verbale era stata contestualmente effettuata la valutazione comparativa delle
trentuno domande pervenute, di cui era stato riportato l’esito in una tabella, recante
annotazione del punteggio complessivamente riportato da ciascuno dei candidati
(tranne dieci, esclusi, in quanto già dirigenti – scolastici – e dunque abilitati a
concorrere soltanto per il comma 5 bis). Ma senza, tuttavia, fornire le motivazioni dei
punteggi in concreto attribuiti a ciascuno, in applicazione dei criteri astratti fissati
dalla Commissione.
Né alcun riferimento in termini motivazionali era contenuto nel provvedimento di
nomina, che si limitava a fare un generico riferimento ai verbali della Commissione,
senza neppure specificarne il numero e senza ostendere le ragioni che avevano
supportato la scelta della nominata in sede comparativa, in base a quanto richiesto
dal comma 6 dell’art. 19, concludendo che la stessa possedeva “adeguate competenze
professionali per ricoprire l’incarico”, senza evidenziare, come avrebbe dovuto, le
ragioni per cui – all’esito della comparazione – fosse risultato la miglior richiedente
in rapporto a quel determinato posto dirigenziale.
Si evidenziava, inoltre, che il provvedimento sostanzialmente confermava la
dirigente senza soluzione di continuità nello stesso incarico già in precedenza
assegnato e giunto a naturale scadenza, contestandone sotto questo profilo
l’eccessiva durata.
- Si censurava, infine, la incongruenza del bando, diretto a “dirigenti amministrativi
di ruolo” ed avente per oggetto posti dirigenziali non generali disponibili “presso
l’Amministrazione centrale”, in difformità rispetto alla tipologia dell’incarico
conferito ed alla natura della relativa procedura. In pubblica adunanza
l’Amministrazione ha riferito di essere incorsa in errore materiale ammettendo la
fondatezza di quanto rilevato e ribadendo che l’interpello era da ritenersi rivolto a
soggetti privi della qualifica di dirigenti MIUR e da svolgersi presso una struttura
periferica (USR).
Ciò stante, nel richiamare l’attenzione sul termine di trenta giorni fissato dall’ultimo
periodo del comma 1 dell’art. 27 della legge n. 340/2000, si tratteneva il decreto e si
rimaneva in attesa di chiarimenti e documenti integrativi da parte
dell’Amministrazione.
Con nota del 27 giugno 2018, prot. 26141, inserita a protocollo della Sezione col
n.2619 del 2 luglio 2018, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio ha presentato
controdeduzioni.
Il Magistrato istruttore, non ritenendo superate dalla risposta dell’Amministrazione
le censure sollevate con il citato foglio di rilievo, ha inviato, in data 19 luglio 2018, gli
atti al Consigliere delegato, con motivata richiesta di deferimento della questione alla
Sezione, ai fini di una decisione in sede collegiale.
Il Consigliere delegato, espresso il suo dissenso sulla questione, l’ha rimessa, ai sensi
dell’art. 3, comma 11 della legge n. 20/1994, per il doveroso seguito collegiale al
Presidente della Sezione, che con sua ordinanza n. 24/2018 fissava l’adunanza
pubblica, alla quale sono intervenuti, in rappresentanza dell’Amministrazione e della
Ragioneria, i soggetti indicati in epigrafe.
All’esito della relazione del Consigliere istruttore, il rappresentante dell’Ufficio
Scolastico Regionale per il Lazio ha insistito per l’ammissione al visto del
provvedimento in esame, evidenziando che i criteri di scelta sono stati comunque
tarati sulle caratteristiche dell’Ufficio da conferire, quali specificamente delineate nel
D.M. n. 914 del 18 dicembre 2014, richiamato – unitamente all’art. 19 comma 1 bis –
nell’avviso pubblico.
Ha evidenziato, altresì, che il conferimento era stato disposto a seguito di una nuova
procedura di selezione comparativa ed ha addotto, a giustificazione della nomina,
che la Dott.ssa … … ha maturato nel tempo esperienze professionali di
spessore, con specifico riferimento all’Ufficio in questione, già ricoperto in
precedenza.
Su sollecitazione del Consigliere Delegato, il Dott. … ha dato in pubblica
adunanza assicurazioni circa l’avvenuto rispetto, delle percentuali massime di legge
entro cui è possibile procedere alle nomine ex 5 bis e 6, verificate dal Dicastero in
sede amministrativa ed ha manifestato, per il futuro, disponibilità all’eventuale
deposito dell’organigramma, onde consentirne anche il controllo ab esterno da parte
della competente Sezione della Corte.
Ha, inoltre, preso atto dell’esigenza, rappresentata in contraddittorio dal Consigliere
Delegato e dal Magistrato istruttore, di far precedere alla formalizzazione
dell’incarico la verifica della insussistenza di cause di inconferibilità, mediante
l’acquisizione della relativa dichiarazione richiesta dal combinato disposto dei
commi 1 e 5 dell’art. 20 del D. Lgs. n.39/2013, anziché usare formule di stile nel corpo
del contratto, che si limitano a vincolare l’efficacia di esso alla presentazione in via
successiva della autodichiarazione dell’interessato.
Il dott. … ha depositato in pubblica adunanza documentazione concernente la
procedura di avviso di disponibilità dei posti di funzione dirigenziale
dell’Amministrazione centrale e periferica (tra cui non è ricompreso quello poi
assegnato alla Dr.ssa …), effettuata per verificare, in via preventiva,
l’insussistenza di dirigenti iscritti nei ruoli ed idonei a rivestire l’incarico conferito.
DIRITTO
È stato sottoposto all’esame collegiale, in sede di controllo preventivo di legittimità, il
decreto del Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale (U.S.R.) per il Lazio
- 258 del 12 aprile 2018 (Prot. Cdc n. 1654 del 24 aprile 2018), che ha nominato la
Dr.ssa … …, non appartenente ai ruoli dirigenziali del MIUR, dirigente con
funzioni ispettive con media specializzazione presso il suddetto Ufficio Regionale, in
applicazione del comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. n.165/2001 per la durata di anni tre
con decorrenza dal 21 aprile 2018.
Risulta in atti (cfr. curriculum vitae) che l’incarico in questione è stato già assegnato
reiteratamente alla nominata a decorrere dal 3 maggio 2010 e deve evidenziarsi che la
valutazione della complessiva durata dell’incarico dirigenziale rileva anche in sede
di verifica del rispetto del principio di rotazione, oggi particolarmente importante in
funzione di anticorruzione, in base a tutta la normativa di settore ed alle Linee Guida
Anac. Detto principio è anche funzionale alla efficienza dell’azione amministrativa,
poiché finalizzato – da un canto – ad incentivare l’arricchimento professionale del
dipendente chiamato ad operare in Aree diverse e – dall’altro – a sopperire ad
imprevedibili esigenze organizzative che, acuite dalle note carenze organiche, non
consentono più la stasi, per specializzazione, in un unico settore.
La rotazione assicura, infatti, la soddisfazione sia delle esigenze di non
discriminazione, in funzione di imparzialità, sia di buon andamento (art. 97 Cost.), in
modo da contemperare i diritti e le aspirazioni professionali e personali del
dipendente, ad assumere funzioni sempre più confacenti ai propri titoli ed alle
proprie esperienze, con le esigenze dell’Ufficio di salvaguardare la continuità
dell’azione amministrativa, aspetto che deve essere garantito, in primo luogo, da una
efficace programmazione, come previsto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio
dei Ministri dell’11 maggio 2016, recante i criteri e le modalità per il conferimento
degli incarichi dirigenziali (punto 2).
Valutate, alla luce del quadro normativo e regolamentare vigente, le controdeduzioni
fornite dall’Amministrazione, il Collegio passa ad esaminare i vari punti censurati.
1) In relazione allo svolgimento dell’intera procedura comparativa, nomina
compresa, prima della registrazione dell’atto presupposto (D.M. n. 241 del 22 marzo
2018), necessaria a consentire a quest’ultimo di esplicare la sua efficacia nel mondo
giuridico, l’Amministrazione ha controdedotto di aver operato entro i confini della
legittimità, poiché il citato D.M. non risultava nella sostanza modificativo – per il
Lazio – della precedente ripartizione autorizzata dal D.M. n. 527 del 30 giugno 2016.
Esso aveva, infatti, lasciato invariato il numero dei posti dirigenziali conferibili a
tempo determinato nella Regione col comma 5 bis (uno) e col comma 6 (nel
complesso tre). Precisava, altresì, che, comunque, tutta la procedura era stata
condotta nei tempi di avvio e di conclusione indicati nella nota della D.G. per le
risorse umane e finanziarie del MIUR del 23.3.2018, considerata la imminente
scadenza dell’incarico dirigenziale precedente in relazione allo stesso posto.
Orbene, in disparte dal fatto che nell’allegata nota del 23.3.2018 non risultano indicati
i tempi di avvio e di conclusione della procedura comparativa in questione, ma
semplicemente diramati i modelli di avviso, da pubblicare per sette giorni nei siti
istituzionali di ciascun U.S.R. e del Ministero, si osserva che il D.M. n.241 ha,
comunque, un effetto novativo e modificativo del precedente, caducato, D.M. n.527
del 30 giugno 2016 (di cui sostituisce anche, in modo espresso, la tabella).
Ciò è, del resto, esplicitamente riconosciuto dalla stessa Amministrazione nella citata
nota, ove si legge che, col D.M. 241, “si è proceduto ad una nuova ripartizione degli
incarichi dirigenziali non generali da conferire ai sensi dei commi 5 bis e 6 dell’art. 19
del D. Lgs. n. 165/01”. Il ragionamento dell’U.S.R. non appare in sé condivisibile,
giacché porterebbe – se accolto – ad un inammissibile scorporo della parte del
provvedimento immediatamente eseguibile a prescindere dal visto (in quanto non
apportante novità per il Lazio), dalla parte invece ineseguibile nelle more della
registrazione (perché apportante modificazioni dei posti conferibili in altre Regioni:
Lombardia, Abruzzo e Calabria), il che non è consentito, perché con ogni evidenza
contrario alla normativa disciplinante i presupposti e l’iter del controllo preventivo di
legittimità.
Si ribadisce, peraltro, anche al fine di generare chiarezza in prospettiva del futuro
agire dell’Amministrazione, che è necessario che l’Amministrazione attenda
l’apposizione del visto della Corte dei conti su un atto presupposto (quale, nella
specie, quello ricognitivo del contingente degli incarichi dirigenziali conferibili a
tempo determinato ex comma 5 bis e 6 e che li distribuisce in base alle carenze
organiche residuate dal previo interpello) per poter procedere allo svolgimento
dell’iter ed alla nomina del dirigente, restando irrilevante la circostanza che il
numero dei posti conferibili nella Regione sia rimasto immutato. Quanto alle
difficoltà rappresentate dal dicastero con riferimento alla scadenza del precedente
incarico, si rammenta che ad esse (peraltro preventivabili con anticipo) si sarebbe
potuto ovviare mediante il conferimento di un incarico interinale per il lasso di
tempo necessario alla registrazione del D.M. n. 241 ed al successivo svolgimento
della procedura comparativa.
Pur con gli accenni critici sopra esposti, il rilievo mosso può essere superato in
ragione della successiva registrazione dell’atto presupposto con effetto ex tunc, col
monito all’Amministrazione di ottemperare, per il prosieguo, alle previsioni di legge
che precludono di eseguire l’atto prima dell’apposizione del visto (art. 3, comma 2,
della L. n. 20 del 1994).
2) In relazione alla tardività dell’inoltro dell’atto alla Corte dei conti, di talché la
procedura di controllo poteva iniziare soltanto il 24 aprile c.a., rispetto ad un atto in
cui la decorrenza dello svolgimento dell’incarico conferito era indicata nel 21 aprile
2018, l’Amministrazione si riappellava a ragioni di urgenza correlate alla imminente
vacanza del posto dirigenziale in pari data. Le controdeduzioni sul punto non
soddisfano, considerato che, oltre alla possibilità sopra evidenziata di reggenza,
proprio la conoscibilità, con largo anticipo, del predefinito termine di scadenza
dell’incarico triennale conferito al precedente dirigente avrebbe richiesto una
adeguata programmazione ed una pianificazione per tempo dell’intero iter
comparativo di selezione, che avrebbero consentito anche la necessaria attesa dei
fisiologici tempi di registrazione del D.M. n.241. In tal senso depone, oltre alla
condivisibile giurisprudenza (SCCLEG n. 2/2016/PREV; Sez. controllo Campania
delib n. 25/2017/PREV), anche il testo della Direttiva n. 10/07 del Ministro per le
Riforme e le Innovazioni nella P.A., dettante i criteri per l’affidamento, il mutamento
e la revoca degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali, che – al punto 3 –
richiede che le procedure relative alla conferma ed al conferimento di nuovi incarichi
“siano attivate con un congruo anticipo”.
La tempestiva programmazione, a monte, dell’attività di affidamento degli incarichi
dirigenziali, tanto più se routinaria, è infatti fondamentale per poter assicurare il
rispetto dei principi di legalità, di trasparenza e di buon andamento, a valle,
nell’ambito del fisiologico svolgimento dei procedimenti amministrativi di nomina
dei dirigenti, all’esito di una – effettivamente ponderata – valutazione comparativa
tra coloro che si sono dichiarati interessati nell’ambito della specifica procedura
selettiva, le cui tempistiche e garanzie non possono essere compresse o, peggio,
sacrificate in ragione di una urgenza a cui la stessa Amministrazione ha dato causa
con la sua inerzia.
Con le osservazioni sopra esposte deve, peraltro, evidenziarsi che, per consolidata
giurisprudenza della Corte dei conti, il provvedimento può essere eseguito prima del
visto soltanto in casi del tutto eccezionali, purché sia già stato avviato il
procedimento di controllo, i cui effetti, concludendosi positivamente, retroagiscono
al momento di formazione dell’atto. Tale eccezione presuppone comunque che la
trasmissione del provvedimento alla Corte dei Conti sia stata pressoché contestuale
alla sua formazione, se non priva di soluzione di continuità rispetto all’emanazione
dell’atto (ex multis Sez. regionale controllo Lombardia, deliberazione n. 8/2006/P).
Per tali motivi, se può ritenersi superabile la censura mossa ed il provvedimento di
durata può essere ritenuto all’esame, in quanto pervenuto al controllo prima della
consumazione dei relativi effetti, resta ferma la considerazione che ogni ritardo della
sottoposizione dell’atto a controllo determina una efficacia offensiva potenziale che è
anche suscettibile di essere poi valutata, nella sua concreta lesività a posteriori, anche
considerato che coloro che danno esecuzione all’atto prima della sua registrazione
“assumono personalmente ogni responsabilità inerente e conseguente alla eventuale
mancata registrazione” (SCCLEG n.10/2009/PREV).
3) In relazione all’importanza, sia – a monte – della preventiva specificazione dei
criteri di scelta nel bando, sia – a valle – della successiva motivazione nel
provvedimento di nomina, atta a dar conto, in funzione di trasparenza, di come i
medesimi siano stati applicati in sede di comparazione, si rammenta che l’art. 19,
comma 1 bis, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel testo introdotto dall’art. 40,
comma 1, lett. b) del D. Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, dispone, con portata
espressamente definita inderogabile dal successivo comma 12 bis, che
l’Amministrazione rende “conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul
sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella
dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le
valuta”.
Tale disposto è già stato con rigore interpretato da questa Corte, che ha precisato
come la novella normativa, nel prescrivere specifici doveri di pubblicità “ha
evidentemente inteso consentire ai dirigenti, in un’ottica di trasparenza e di
imparzialità, di compiere le loro scelte coerenti con le proprie aspirazioni e
professionalità” (SCCLEG n. 21/2010/PREV).
Si raccomanda, pertanto, di specificare – nell’avviso pubblico delle future procedure
di nomina – i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali in modo più idoneo
ad un’adeguata selezione delle professionalità, “nonché ad operare scelte
discrezionali ancorate a parametri quanto più possibile oggettivi e riscontrabili, a
tutela non solo delle aspettative degli aspiranti all’incarico, ma anche a garanzia dei
principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento” (così SCCLEG n.
10/2010/PREV e poi n. 21/2010/PREV e n. 2/2016/PREV). Il conferimento, infatti,
riveste una natura duale, privata e pubblica allo stesso tempo, essendo, da un lato, il
precipitato dei poteri privatistici che anche la P.A. può e deve esercitare come datore
di lavoro e, dall’altro, ancora connotato in chiave fortemente pubblicistica per la
natura pubblica del soggetto nominante, cui è necessariamente demandata la cura
del pubblico interesse, dovendosi rammentare che la privatizzazione del pubblico
impiego, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, sulla
scia della Consulta, se non può determinare alcuna compromissione delle garanzie
spettanti ai dirigenti, men che meno può pretermettere la salvaguardia
dell’ineludibile perseguimento degli interessi generali (SCCLEG n. 36/2014/PREV e
Corte cost. sent. n. 275/2001).
Deve sul punto ribadirsi, in relazione all’art. 19, comma 1 bis, che, per orientamento
consolidato della Sezione centrale controllo preventivo di legittimità di questa Corte,
“la suddetta norma, interpretata secondo le finalità fatte palesi dal legislatore (v. art.
1 del medesimo D. Lgs. n. 165 del 2009) mira, quindi, a contemperare le esigenze e le
aspirazioni professionali dei dirigenti, ai quali la legge garantisce espressamente pari
opportunità, con quelle della funzionalità delle amministrazioni” (SCCLEG n.
3/2013, poi ripresa da SCCLEG n. 2/2016).
Ciò è ancora più vero con riguardo ai conferimenti ex art. 19, comma 6, che disciplina
l’immissione in servizio di personale dirigenziale non di ruolo, che non ha superato
un concorso pubblico di accesso.
In tale contesto normativo e giurisprudenziale è opportuno, altresì, ricordare che
nella Direttiva n. 10/07, sebbene antecedente, già si è evidenziata la necessità “che le
amministrazioni assumano la relativa determinazione con una trasparente ed
oggettiva valutazione della professionalità e delle caratteristiche attitudinali”, in
chiave comparativa, dei partecipanti e si è richiesto che ciascuna Amministrazione
adotti “il provvedimento di determinazione dei criteri di conferimento, di
mutamento e di revoca degli incarichi dirigenziali, atto che, per il suo carattere di
astrattezza e il suo contenuto di indirizzo è di competenza del vertice politico”, in
esecuzione delle clausole dei vigenti contratti collettivi per la dirigenza delle diverse
Aree. Provvedimento che il MIUR ha adottato, con Direttiva n. 26 del 19 febbraio
2008, citata nel provvedimento di nomina oggetto di controllo, in quanto recante
criteri generali.
La portata dirimente del difetto di presupposto legale del previo interpello, meglio di
seguito illustrata, rende, in relazione al decreto in esame, ultroneo scendere a
valutare la sussistenza, nel caso di specie, della sufficiente predeterminazione dei
criteri di scelta da parte del dicastero e, di riflesso, della esaustività della
motivazione, dopo aver illustrato i principi giuridici e giurisprudenziali in materia.
Per il prosieguo resta, in ogni caso, fermo – a carico dell’Amministrazione – l’onere
di meglio esplicitare i criteri di scelta a priori, in occasione della pubblicazione
dell’avviso, ostendendo il valore e, dunque, il “peso” che si intende attribuire ai
diversi requisiti richiesti (in tal senso già Sez. controllo Lazio delib. n.51/2012,
n.34/2013 e n.37/2013). Sulla corretta applicazione in concreto di tali criteri deve,
poi, essere fondato il giudizio di preferenza espresso per giungere all’affidamento
dell’incarico dirigenziale, giudizio la cui innegabile discrezionalità non può tracimare
in scelta basata sul mero intuitus personae e che, per superare positivamente il vaglio
di legittimità, deve rispondere ad una valutazione obiettiva ed essere illustrato da
una motivazione coerente. Motivazione la cui analiticità è soddisfatta quando,
prendendo come riferimento il profilo professionale astrattamente richiesto per lo
svolgimento delle attività inerenti all’incarico dirigenziale da conferire ed
analizzando, in chiave valutativa, le specifiche esperienze lavorative, di studio e
scientifiche maturate dai candidati, si giunge ad individuare la figura più idonea a
svolgere in concreto le mansioni associate alla posizione da assegnare.
I due aspetti permangono interconnessi, nel senso che la motivazione potrà risultare
carente sinché l’Amministrazione non riuscirà a predeterminare adeguatamente, in
chiave positiva, “gli elementi attraverso cui effettuare una valutazione concretamente
significativa” (Sez. controllo Campania, delib. n. 218/2017), rendendo
preventivamente noti, nell’avviso, i titoli di istruzione e di perfezionamento e le
esperienze professionali ritenuti necessari, in ordine di preminenza, per lo
svolgimento dell’incarico. Si richiede anche, per il prosieguo, un maggiore sforzo
motivazionale dell’Autorità nominante, da canalizzarsi, peraltro, anche
nell’esplicitare le ragioni logico-giuridiche che hanno condotto, in concreta
applicazione dei criteri di scelta predeterminati nel modo più oggettivo e
riscontrabile possibile, a preferire il soggetto nominato rispetto agli altri richiedenti il
medesimo incarico, considerato che la elevata specializzazione dell’incarico
conferibile ex comma 6 richiede una motivazione di maggior rigore, con specifico
riferimento alle funzioni correlate al posto assegnato ed agli obiettivi fissati, in
relazione ai quali saranno poi valutati i risultati dirigenziali.
La necessità di una adeguata motivazione risponde ad evidenti esigenze di
trasparenza, peraltro ricollegandosi al c.d. “sistema trasparenza”, il cui alto valore
anche alla luce del D. Lsg. n. 97/2016 è rimarcato come imprescindibile dallo stesso
MIUR nel suo PTPC 2018-2020 e risulta necessario anche al fine di consentire ai
partecipanti interessati di potersi tutelare in sede giurisdizionale, in ottemperanza a
diritti costituzionalmente riconosciuti (art. 24 Cost.), nonché al giudice adito di poter
controllare ex post che l’esercizio della discrezionalità amministrativa non sia
trasmodato in arbitrio, per la violazione degli stessi “autolimiti” che la P.A. è tenuta a
porsi – e si è a monte posta – come criteri della scelta discrezionale del nominato e
che poi ne possono consentire un sindacato estrinseco di legittimità per eccesso di
potere, se non una violazione di legge.
Invero il comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. n.165/2001, consente il conferimento di
funzioni dirigenziali a tempo determinato “a persone di particolare e comprovata
qualificazione professionale non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano
svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con
esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano
conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete
esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni
statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per
l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria,
delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”.
Il carattere esaustivo della motivazione deve dunque rapportarsi a quanto
specificamente richiesto dalla norma.
Pertanto, essa deve dare contezza della sussistenza di entrambi i requisiti
eccezionalmente legittimanti la nomina dirigenziale di dipendenti pubblici non
muniti di qualifica dirigenziale o di privati “esterni”. Requisiti consistenti nella non
rinvenibilità di competenze analoghe all’interno dell’Amministrazione conferente e
nella “particolare e comprovata qualificazione professionale” del soggetto prescelto,
costantemente valutati con rigore da questa Corte (SCCLEG, delib n. 10/2006/PREV
e n. 18/2010/PREV, secondo cui “è onere dell’amministrazione utilizzare al massimo
il personale in servizio e ricorrere a contratti esterni solo nell’ipotesi di assoluta
carenza di quel tipo di specializzazione”).
L’avviso relativo all’interpello ex comma 6 non cita espressamente, tra le cause di
esclusione, la iscrizione nei ruoli dirigenziali del MIUR.
Per cui sarebbe auspicabile: a) che la carenza di tale requisito sostanziale venisse
adeguatamente evidenziata, come motivo di esclusione, nei futuri avvisi di interpello
per la messa a disposizione di posti ex art. 19 comma 6; b) che i requisiti professionali
e di studio richiesti venissero esplicitati meglio e differenziati in rapporto allo
specifico incarico da rivestire; c) che i criteri da porre alla base della scelta
comparativa del soggetto da nominare venissero specificati e resi conoscibili a priori
meglio che con un generico rinvio al combinato disposto dell’art. 19, comma 1, del D.
Lgs. n.165/2001 e del D.M. n.914 del 18/12/2014. Come del resto sollecitava a fare,
con la nota del 23/03/2018, il medesimo MIUR, allegando uno schema-tipo di avviso
in cui si legge: “le cui rispettive competenze sono definite nell’allegato 1” e
avvertendo che “gli avvisi potranno essere integrati con ulteriori informazioni
specifiche, tenuto conto delle competenze degli uffici e degli orientamenti degli
organi di controllo regionali”.
È opportuno, altresì, ricordare che la Direttiva n.10/07 del Ministro per le Riforme e
le Innovazioni nella P.A. dettante i criteri per l’affidamento, il mutamento e la revoca
degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali del Dipartimento della Funzione
Pubblica recita che “una particolare attenzione deve essere dedicata poi ad evitare
eccedenze, valutando in modo oculato, in un’ottica programmatoria, gli affidamenti a
personale non dirigenziale (articolo 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001) …che non
debbono andare a pregiudizio della posizione del personale dirigenziale di ruolo”,
salvaguardando così il carattere di residualità dell’istituto in termini di ratio, oltre che
nei limiti delle percentuali organiche previste dalla legge.
Il comma 6 pone, l’obbligo di verificare previamente la carenza di risorse dirigenziali
interne dotate di quella professionalità che si cerca, in vista dello specifico incarico da
attribuire. Si tratta di principio che l’Amministrazione ben conosce ed è chiamata ad
applicare efficientemente, in quanto sia il DM n. 241/2018, sia il precedente DM n.
507/2015, richiamano quale atto presupposto il DM n. 207/2015. Esso, nel
determinare, in conformità all’art. 1, comma 94 della L. n. 107 del 2015, i contingenti
degli incarichi dirigenziali conferibili ai sensi dei commi 5 bis e 6, recepisce in
epigrafe, richiamandolo per esteso, il noto principio affermato dalla Sezione centrale
secondo cui: “la non rinvenibilità nei ruoli dell’Amministrazione, deve, per converso,
essere apprezzata oggettivamente, coerentemente con la ratio della norma, che,
secondo consolidata e conforme giurisprudenza di questa Sezione, deve intendersi,
per un verso, tesa a limitare il ricorso a contratti al di fuori di ruoli dirigenziali in
ossequio a ragioni di contenimento della spesa pubblica, nonché di ottimizzazione
della produttività del lavoro pubblico, per altro verso, a non mortificare le aspettative
professionali dei dirigenti interni che aspirino a ricoprire quel posto” (SCCLEG delib.
- 36/2014).
Non vi è dubbio che, per verificare la sussistenza del primo requisito della “non
rinvenibilità nei ruoli” occorra un previo interpello che consenta all’Amministrazione
conferente di accertare l’insussistenza o l’indisponibilità delle professionalità
richieste per l’attribuzione dell’incarico, al suo interno, anzitutto tra i dirigenti di
ruolo.
È stato da questa Corte evidenziato come: “La previa ricerca all’interno delle
qualifiche dirigenziali presenti nei ruoli dell’Amministrazione realizza, ad un tempo,
l’interesse di quest’ultima alla migliore e più efficiente utilizzazione delle risorse
umane già presenti e, contestualmente, l’interesse dei dirigenti di ruolo a percorsi
professionali che consentano un effettivo arricchimento del relativo curriculum” (Sez.
controllo Abruzzo delib. n. 253/2016). Ciò in quanto “il sistema di provvista
dirigenziale disciplinato dal citato d. lgs. n.165/2001 considera come assolutamente
eccezionale l’affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano
superato il prescritto percorso di qualificazione concursuale per l’inserimento nel
ruolo dirigenziale, che resta la modalità di reclutamento “fisiologica”, coerente con il
dettato costituzionale posto a garanzia del migliore andamento dei pubblici uffici”
(così SCCLEG n. 5/2018, che ha ricusato il visto ad un incarico dato ex comma 6 ad
un funzionario del MATTM e che richiama le proprie precedenti delibere n. 18/2010
e n. 5/2011). Si può pertanto procedere alla nomina ex comma 6 soltanto quando,
all’esito di interpello, permangano scoperture organiche dirigenziali relative a posti
di funzione, di elevata competenza specialistica, che non sia possibile coprire
altrimenti che col ricorso a professionalità esterne all’Amministrazione nominante
(non dirigenziali o finanche non pubbliche), onde assicurare la piena funzionalità dei
relativi Uffici, quando a ricoprire i medesimi sia necessaria una figura di comprovata
e particolare qualificazione professionale.
Ed è consolidato l’assunto che a tal fine non possa reputarsi sufficiente un’unica
procedura selettiva, contemporaneamente rivolta ai dirigenti interni e all’esterno, in
quanto non sarebbe in linea col dettato e la ratio della norma, perché “La procedura
prevista dal dettato dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001 e
ss.mm.ii., pone in capo all’Amministrazione un onere di previa verifica circa la
sussistenza delle risorse umane interne, in possesso dei requisiti professionali
richiesti dall’incarico, determinando una necessaria funzionalizzazione della
procedura valutativa a tale obiettivo prioritario, rimettendo a una fase successiva ed
eventuale, conseguente all’esito infruttuoso della prima, la ricerca all’esterno
finalizzata al conferimento di un incarico ai sensi del comma 6, che, in ogni caso,
deve discendere da una rinnovata volontà discrezionale dell’Amministrazione
medesima, debitamente motivata” (SCCLEG n. 36/2014/PREV, che richiede due
procedure distinte e successive nel tempo).
Così delineati i presupposti salienti dell’istituto, corre l’obbligo di evidenziare che,
nelle premesse del provvedimento in esame, non è presente alcun richiamo
all’avvenuto, previo, espletamento di procedure di interpello interno.
L’Amministrazione nominante, neppure in sede di contraddittorio ha fornito la
prova documentale atta a dimostrare che il posto dirigenziale in questione, insieme
ad altri di seconda fascia, sia stato preventivamente offerto ai dirigenti interni al
MIUR, in quanto esso non risulta ricompreso nell’interpello n. 3063 del 15 febbraio
2018 prodotto in pubblica adunanza.
Siffatta carenza, ad avviso del Collegio, risulta dunque preclusiva ai fini
dell’ammissione al visto ed alla registrazione.
Ciò posto, si richiama l’attenzione del dicastero sull’esigenza di curare
maggiormente, per l’innanzi, la completezza della premessa decretativa degli atti
inviati al controllo preventivo di questa Sezione, di modo che, ove si tratti di nomine
dirigenziali effettuate ex comma 6, nell’epigrafe del provvedimento vengano citati gli
estremi del previo interpello destinato ai dirigenti MIUR, requisito necessario a
fondare la legittimità dell’intera procedura, in ossequio ai precetti illustrati, nonché,
nella specie, anche il DM 10 agosto 2015 n. 598, di determinazione del contingente
ispettivo. Soltanto all’esito di tale infruttuoso tentativo si potrà fare legittimamente
ricorso ad una procedura mirata a selezionare un dirigente ex comma 6, ricorrendo a
professionalità esterne ai ruoli dirigenziali della P.A. conferente, tra soggetti che
potranno essere scelti (ove non si ritenga di conferire l’incarico a pubblici dirigenti
esterni al dicastero ex comma 5 bis) tra i seguenti:
- pubblici dipendenti – del dicastero nominante o di altre P.A. – con qualifica
non dirigenziale, ma con un quinquennio di esperienza in qualifiche previste
come abilitanti l’accesso alla dirigenza;
- privati dirigenti da almeno 5 anni o non dirigenti, ma muniti di “particolare
specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile da concrete esperienze
di lavoro maturate per almeno un quinquennio”;
- altri soggetti indicati: docenti universitari, magistrati e procuratori dello stato.
Orbene, il disposto generico della disposizione non consente di porre in un ordine di
stretta priorità le categorie elencate e, neppure di affermare, come sarebbe logico e
rispondente a canoni di buona amministrazione, che, prima di pubblicare gli avvisi
degli incarichi conferibili ex comma 6, i posti dirigenziali non generali vacanti
vengano resi disponibili, dopo il bando effettuato a beneficio dei dirigenti interni ai
ruoli del MIUR, anche ai dirigenti comunque pubblici, che potrebbero ambire quel
posto in base al comma 5 bis.
Volendo, ad ogni buon conto, stante l’opacità legislativa, far salva la discrezionalità
dell’Amministrazione, i principi di buon andamento e di economicità cui deve essere
improntata l’attività amministrativa impongono, quanto meno, di supportare più che
adeguatamente, proprio sotto il profilo motivazionale, la soluzione adottata in sede
di nomina ex comma 6. Ciò onde evidenziare per quali ragioni sia stata reputata
maggiormente confacente alla soddisfazione dell’interesse pubblico e, soprattutto,
onde dimostrare il secondo requisito della “comprovata qualificazione professionale”
richiesto dall’art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001. È opportuno richiamare
l’attenzione sulla importanza di tale requisito, che deve essere, anzitutto, ben
esplicitato, a monte, nel bando e poi ben motivato, a valle, in relazione alla specifica
diversità ed aggiuntività delle prestazioni che l’estraneo è in grado di rendere,
rispetto a quelle dei dirigenti già in servizio; il che deve essere valutato
dall’Amministrazione conferente in stretta connessione con la particolarità dei
compiti, come la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha già da tempo
puntualizzato (SCCLEG n.36/2014/PREV).
Ne consegue che la sussistenza di detto requisito non può essere desunta da un
generico rinvio alla adeguatezza delle esperienze risultanti dal curriculum vitae del
candidato, ma deve essere – in relazione a tali nomine ex comma 6 – analiticamente
motivata, con maggior rigore, rispetto alla nomina effettuata ex comma 5 bis, sulla
scorta dei requisiti di partecipazione più stringenti posti nell’avviso ed in
applicazione dei criteri di scelta specificamente enunciati, nel medesimo, con un
maggiore margine di definizione. Criteri che consentano di comparare le specifiche
esperienze lavorative e accademiche maturate dai candidati, per realizzare l’interesse
pubblico a selezionare il soggetto più idoneo ad essere nominato in un posto
reputato di alta specializzazione, individuando il dirigente più capace di realizzare
gli obiettivi dirigenziali, mediante lo svolgimento in concreto delle mansioni
associate alla posizione da assegnare.
Sotto questi aspetti il provvedimento all’esame si presenta carente di apprezzabile ed
esaustiva motivazione.
Proprio con riferimento agli incarichi dirigenziali ex comma 6, questa Corte ha da
tempo affermato che è “principio ormai ampiamente consolidato nella
giurisprudenza amministrativa quello che richiede procedure più rigorose, al fine di
motivare le scelte operate, in presenza di un potere ampiamente discrezionale
dell’Amministrazione” (SCCLEG n. 10/2010/PREV).
Né deriva, altresì, l’esigenza di una futura diversa valutazione del “peso” dei titoli
culturali, scientifici e professionali presi come base valutativa, nel senso che,
nell’ambito delle procedure selettive finalizzate a nominare i dirigenti, ai fini delle
nomine sia ex comma 5 bis sia ex comma 6 dell’art.19 citato, non potranno essere
utilizzati – a monte – i medesimi criteri di scelta, ma dovrà essere identificato quel
quid pluris richiesto come necessario per supportare una nomina dirigenziale operata
ai sensi del comma 6. Se non saranno, ancor prima, resi preventivamente noti –
nell’avviso – i titoli di studio e le esperienze professionali peculiari richiesti quali
requisiti di partecipazione, per lo svolgimento dell’incarico ex comma 6, in modo da
evidenziarne i profili di alta specializzazione, prima che delineare i criteri di scelta
che ne stabiliscano la priorità, in modo differenziato per ciascun ufficio da assegnare,
vi saranno inevitabili ricadute in termini di carenza motivazionale nel decreto
sottoposto a controllo e si rischierà comunque di trasformare – quello che deve
restare un istituto eccezionale – in un mero strumento di copertura delle ordinarie
carenze organiche residuali per assegnare i cosiddetti “posti di risulta” a soggetti che
presentano una preferenzialità correlata in prevalenza all’aver rivestito quelle stesse
funzioni da tempo risalente (ed è proprio il caso della … che risulta esercitare
lo stesso incarico dal 2010, senza soluzione di continuità).
La norma citata, per converso, consente di derogare all’ordinario sistema di
provvista delle professionalità dirigenziali e di attingere a un bacino più ampio di
quello dei dirigenti iscritti nei ruoli interni, per poter acquisire professionalità esterne
altamente specializzate e qualificate, in via del tutto eccezionale e dopo aver valutato,
in termini effettivi la necessità di ricorso ad incarichi esterni, anche in un’ottica
comparativa di costi e benefici rispetto ad altre soluzioni, quali, ad esempio, per i
posti in relazione ai quali sia reputato possibile, il conferimento di un incarico
interinale ad un dirigente già titolare di altro incarico.
Diversamente opinando e non circoscrivendo l’istituto nei confini di rigorosi limiti
qualitativi e quantitativi (limiti riconosciuti costituzionali dalla Consulta nella sent.
n.324/2010), si rischierebbe di aprire il fianco, nella parte in cui siano nominati
dirigenti soggetti che non appartengono al settore pubblico, ad un pericoloso vulnus
al principio che ai pubblici uffici si accede mediante concorso, creando di fatto un
“surrettizio canale di reclutamento parallelo rispetto alle forme ordinarie” (SCCLEG,
delibera n. 36/2014/PREV) e di far lievitare i costi del personale.
È opportuno, infine, ricordare l’obbligo di pubblicazione, specificamente previsto
dall’art. 15, comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013, degli estremi degli atti di conferimento
di incarichi a soggetti estranei alla P.A., obbligo che permane sino a tre anni
successivi alla cessazione dall’incarico (comma 4), la cui omissione determina, ai
sensi del successivo comma 3, responsabilità dirigenziale a carico di chi non ha
ottemperato alla pubblicazione e finanche l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.
4) In relazione alla censurata natura fuorviante del bando, siccome diretto a
“dirigenti amministrativi di ruolo”, mentre ha per oggetto posti dirigenziali non
generali disponibili “presso l’Amministrazione centrale”, come già rilevato in fatto,
trattasi di circostanze poi rettificate in pubblica adunanza, ove si è esplicitato trattarsi
di incarico riservato a soggetti privi della qualifica di dirigenti MIUR e da svolgersi
presso una struttura periferica (USR), nonché disciplinato dal D.P.R. 28/03/2013, n.
80, recante “Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di
istruzione e formazione” (in particolare art. 5).
5) In conclusione, considerato il quadro normativo sopra delineato, come interpretato
dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza, non risulta rispettato il disposto del
comma 6 e vi è stato anche un illegittimo travalicamento dei limiti di discrezionalità
propri dell’Amministrazione, in quanto il provvedimento di rinnovo di incarico è
stato adottato senza il previo interpello dei dirigenti interni potenzialmente
interessati alle funzioni dirigenziali conferite e, dunque, non è stata adeguatamente
comprovata, prima di procedere alla nomina, la impossibilità di rinvenire analoghe
professionalità nei ruoli dell’Amministrazione nominante.
La posizione dirigenziale conferita ex comma 6 non risulta, infatti, inclusa
nell’interpello n. 3063 del 15 febbraio 2018, che ha reso disponibili ai dirigenti interni
ai ruoli del MIUR, una serie di posti dirigenziali di Area 1, di livello non generale
(c.d. “seconda fascia”) in imminente scadenza, né la sua vacanza e disponibilità
risultano essere state pubblicizzate in altro valido modo, prima che fosse emanato
l’avviso relativo alla procedura selettiva che ha poi condotto alla nomina della
Prof.ssa …, in base al citato comma 6.
In conclusione, non è stato comprovato, neppure mediante produzione documentale
in Pubblica Adunanza, lo svolgimento di un previo interpello interno da parte
dall’Amministrazione nominante, la cui infruttuosità era il presupposto legittimante
la conferibilità dell’incarico dirigenziale ad un soggetto esterno, salva pur sempre la
verifica e la dimostrazione che fosse dotato della particolare specializzazione
richiesta (specializzazione che, peraltro, non pare così immediatamente desumibil
dal profilo professionale risultante dal curriculum: laurea in filosofia, abilitazione
all’insegnamento di storia e filosofia).
Considerato che la nominata svolge lo stesso incarico dirigenziale senza soluzione di
continuità dal 3 maggio 2010, si osserva incidentalmente che la registrazione dell’atto
le avrebbe consentito di permanere nelle medesime funzioni dirigenziali per 11 anni
di seguito, lasso temporale di durata che, pur non trattandosi di posto considerato ad
alto rischio corruzione, sarebbe risultato scarsamente compatibile col principio di
rotazione costituente il cardine della normativa Anac.
Il Collegio ritiene che il provvedimento sottoposto a controllo preventivo, sia
censurabile per le illustrate violazioni di legge e ne ricusa il visto.
P.Q.M.
LA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL LAZIO
RICUSA Il VISTO E LA CONSEGUENTE REGISTRAZIONE
al D.D.G. n. 258 del 12 aprile 2018, di nomina triennale ai sensi del comma 6 dell’art.
19 del D. Lgs. n.165/2001 della Dr.ssa … … a dirigente di livello non
generale, con funzione tecnico-ispettiva presso l’USR Lazio (Prot. Cdc n.1654 del 24
aprile 2018).
DISPONE
che la presente deliberazione sia trasmessa all’Ufficio Scolastico Regionale per il
Lazio nonché, per conoscenza, alla Ragioneria Territoriale dello Stato e che sia curata,
dall’Autorità emanante il provvedimento registrato, la pubblicazione della stessa sul
proprio sito Internet istituzionale, in ottemperanza agli articoli 2 e 31 del D. Lgs.
2013, n. 33 (come sostituiti dall’art. 27, comma 1, del D. Lgs. n. 2016, n. 97), con invito
a dare comunicazione a questa Sezione regionale di controllo, nei successivi 30
giorni, dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di pubblicazione suddetto.
Così deliberato in Roma, nella Camera di Consiglio del 23 luglio 2018.
Depositato in Segreteria il 5 dicembre 2018